giovedì 29 maggio 2014

Così i burocrati hanno fatto scappare gli investitori Disney... Gli operai di Termini sull'ottovolante?

Questa notizia che è saltata fuori, sembra ad opera dei grillini, proprio il giorno prima delle elezioni, voleva essere un altro spot elettorale gratis.
Tentativo non riuscito, anche se non è certo con le “favole” della Disney che si può risolvere il problema degli operai della Fiat di Termini Imerese, ma questo episodio, insieme a quello già che abbiamo messo in evidenza con un’altra piccola-media azienda, ha comunque confermato quello che già abbiamo detto in più occasioni, e cioè che alla Regione Sicilia, nessuno è davvero interessato a fare sul serio per dare una soluzione al problema dei tanti cassintegrati e disoccupati…
Come Patrizia Monterosso, segretario generale della Regione, quella che “ha fatto scappare la Disney”, e che probabilmente era impegnata in altre attività dato che è stata condannata dalla Corte dei Conti a risarcire 1,3 milioni di euro per finanziamenti non dovuti agli enti di formazione.

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Così i burocrati hanno fatto scappare gli investitori Disney

26 maggio 2014

"È stato l'atteggiamento indifferente e superficiale della Regione a fare scappare la Walt Disney dalla Sicilia". Nell'intricato giallo sulla costruzione a Termini Imerese di un parco divertimenti targato Disney, entra in gioco uno degli attori principali della trattativa, il coordinatore delle attività di internazionalizzazione del Comune di Palermo, Massimo Cataldo, che l'anno scorso riuscì a portare i manager dell'azienda americana a Palermo per discutere della costruzione di un parco dedicato ai super-eroi della Marvel che avrebbe creato, almeno stando alle intenzioni degli investitori, tremila nuovi posti di lavoro.

Un affare che, come sostiene Cataldo, sarebbe sfumato proprio a causa della gestione superficiale dei burocrati siciliani e in particolare del segretario generale della Regione Patrizia Monterosso, che durante l'incontro con i rappresentanti della società statunitense nel marzo del 2013 avrebbe addirittura abbandonato il tavolo delle trattative, vanificando così qualsiasi margine di dialogo. "E' necessario  -  precisa Cataldo  -  intervenire direttamente sulla questione, per fornire informazioni esatte su come si siano svolti gli eventi. Sono un imprenditore e nell'ambito delle mie attività professionali sono venuto a conoscenza dell'intenzione della Walt Disney Company, a seguito dell'acquisizione dei diritti della Marvel, di investire in Europa. Ho intravisto l'opportunità di veicolare questo straordinario progetto in Sicilia, in particolare nel territorio di Termini, dotato delle principali infrastrutture collegate con Palermo e Catania e su cui gravitano i fondi stanziati per riqualificare l'area ex Fiat. Così ho parlato con Jay Visconti, vice presidente della Disney media, sottoponendo la mia idea e spiegando le varie opportunità".

I manager della multinazionale manifestano un interesse preliminare, ma chiedono di incontrare le istituzioni siciliane. Ed è così che, dopo ripetuti rinvii, Palazzo d'Orleans fissa per l'1 marzo il vertice con i dirigenti Disney. Ma il giorno dell'incontro le cose non andarono come i rappresentanti della multinazionale e lo stesso Cataldo speravano. "Dopo le presentazioni  -  racconta Massimo Cataldo  -  la Monterosso ha chiesto a Visconti quali fossero i progetti della Disney da offrire alla Sicilia, dimostrando di aver un po' frainteso il senso di quell'incontro, perché, a mio modo di vedere, doveva essere la Regione a mettersi a disposizione per fornire tutte le informazioni e non viceversa. Nel resto del mondo, quando si prospetta un progetto dai rilevanti profili economici, le autorità e gli uffici governativi competenti si rendono parti attive cercando di invogliare in ogni modo l'investitore".

Ma il peggio doveva ancora arrivare. "Dopo qualche minuto dall'inizio della riunione  -  dichiara il responsabile per l'internazionalizzazione del Comune  -  la Monterosso è stata chiamata in un'altra stanza, lasciando il tavolo con i prestigiosi ospiti e privando così della necessaria autorevolezza istituzionale l'incontro. Dopo oltre un'ora di attesa, nella quale i presenti hanno cercato di gestire la situazione come meglio potevano, poiché il segretario generale Monterosso non era più tornata, i rappresentanti della Disney hanno deciso di andare via. Jay Visconti mi ha ovviamente manifestato il suo disappunto per tale accoglienza, comunicandomi che, sulla base di queste premesse, avrebbe sospeso l'idea progettuale". Ieri non siamo riusciti a contattare la Monterosso per avere una sua versione dei fatti.


Ma non tutto potrebbe essere perduto e ci potrebbe essere ancora la possibilità di costruire il parco Disney in Sicilia. "Sto cercando di riprendere le trattative con la Disney  -  dichiara Massimo Cataldo  -  resto in attesa di ricevere quella telefonata mai ricevuta da Palazzo d'Orleans, per tentare di riattivare un'iniziativa potenzialmente ancora possibile".

La repubblica

venerdì 23 maggio 2014

Marchionne, i piani per gli Usa e la verità sull’affare Chrysler: Obama la voleva dare alla GM che non l’ha voluta

Che il suo piano industriale presentato il 6 maggio scorso fosse fasullo emerge dal resoconto che il sole 24 ore di ieri fa della tavola rotonda che si è tenuta a Washington, negli Usa, sull’analisi del settore manifatturiero, alla quale ha partecipato Marchionne e dalla quale vengono fuori diverse “verità”.

Questi “… professori ed esperti che dibattevano se per il settore ci fosse davvero una rinascita oppure no.” Arrivano ad una prima “Conclusione: forse rinascimento no ma inversione di tendenza sì”. E questa “inversione di tendenza”, vista dagli Stati Uniti, sarebbe dovuta al “reshoring” e cioè al trasferimento di nuovo negli Usa di fabbriche che erano in Cina e altri paesi “in via di sviluppo” che adesso si chiamano “emergenti”. Il rientro di una parte della produzione, come sanno bene gli “esperti” è dovuto alle dure lotte degli operai per salari più alti, spesso ottenuti, e che insieme alla perdita di diritti e al conseguente abbassamento dei salari degli operai nei cosiddetti paesi avanzati degli Usa (e dell’Europa) permette adesso a una parte di queste aziende di produrre ad un costo competitivo anche nei paesi ricchi. E si tratta quindi, all’interno della crisi, di un tentativo di abbassare ancora i costi di produzione tagliando i salari operai, ma di vera ripresa nemmeno l’ombra..

Il “monitoraggio” del settore manifatturiero è in corso anche in Europa che ha addirittura elaborato un programma definito “Industrial compact” che ha l’obiettivo di far salire il peso del manifatturiero nel Pil europeo dall'attuale 15,2 al 20% entro il 2020.

Per quanto riguarda il settore auto, in particolare, gli esperti della tavola rotonda e del governo americano dicono che “le sfide tecnologiche e di mercato … dovrebbero portare presto a un’auto elettrica al 100%...” E qui interviene Marchionne, arrabbiato, che prova a ribaltare questa affermazione (dato che in tutti questi anni alla Fiat non è stato investito un soldo nelle nuove tecnologie, rimanendo fuori da questo settore) dicendo che “il futuro resta dell’ibrido – ha detto Marchionne - con l’auto elettrica non c’è modo di guadagnare.” E ricomincia a fare lo spaccone. “Anzi guardate, non comprate la 500 elettrica per cortesia, perché ogni auto venduta mi costa 14mila dollari! Che gli esperti al governo mi dimostrino che l’auto solo elettrica non fa danno all’ambiente [e qui il fascista padronale ha un certo gioco facile, perché è chiaro, che se è vero che l’auto elettrica è meno inquinante delle altre, nel sistema capitalistico la produzione di tutte le componenti dell’auto sarà comunque sempre inquinante]… aggiungo, per la normale combustione abbiamo ancora molto da dare in termini di innovazione”. Ma non è certo la Fiat/Chrysler di Marchionne che darà il contributo necessario in questo campo.
Fiat 500 elettrica: Marchionne
invita a non comprarla

In questa tavola rotonda Marchionne si è trovato in difficoltà perché si è trovato davanti persone come lui che vanno al sodo e che si sono chiesti se alla fine il “Salvataggio [della Chrysler fosse stato] giusto o sbagliato? Secondo Clifford Winston, un economista con la Searle Freedom, è stato sbagliato perché alla fine vinceranno gli stranieri. Soldi inutilmente buttati.” A questo punto l’arrogante uomo tutto pieno di sé “…non si è contenuto. Ha chiarito “che certe cose non si devono neppure pensare, non sono nelle carte, il settore ce l’ha già fatta e ce la farà”. Poi si è tolto qualche sassolino dalle scarpe: [diventando particolarmente volgare] “Ho dovuto mettere le mie parti private sul tavolo” ha detto, con il moderatore, Paul Ingrassia, di Reuters che reagiva con tipico pudore americano: “Abbiamo capito… grazie”. Ma Marchionne insisteva, “le mie parti private e quelle di molti altri… l’unica cosa che avevo era la mia reputazione.” Bella reputazione! E così per rincarare la dose ha fatto “Poi alcune rivelazioni: la 500 è stata portata in America perché l’aggiunta di una piccola utilitaria al pacchetto industriale era una delle condizioni imposte dal governo americano “non ci cambiava niente, anzi se fosse stato per me la 500 non l’avrei portata, ma se era necessario per l’accordo non c’era da discutere e l’abbiamo portata”. “È emerso anche che il governo americano preferiva cedere la Chrysler alla GM per creare un unico gruppo, ma la GM non l’ha voluta.” E quindi non è stato a causa della sua reputazione che l’affare è andato in porto!
E alla fine le solite promesse sugli investimenti in Italia: “gli investimenti a Mirafiori partiranno presto…”

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Automotive. Il retroscena: gli Usa spingevano per cedere Chrysler a GM
Marchionne e i piani negli Usa: “Nell’ibrido il futuro dell’auto”
La conferma: Fca in Borsa entro fine anno

Ci sono stati due binari ieri a Washington alla tavola rotonda organizzata dalla Brookings Institution sul manifatturiero, il primo molto teorico, molto soggettivo, con professori ed esperti che dibattevano se per il settore ci fosse davvero una rinascita oppure no. Conclusione: forse rinascimento no ma inversione di tendenza sì, con reshoring e nuovi posti di lavoro, che ha tradotto il dibattito a una questione semantica. Il secondo binario, dalla trincea lo ha percorso da unico protagonista Sergio Marchionne che menava fendenti ora agli intellettuali, ora ai sindacalisti, ora alla concorrenza. Marchionne ha snocciolato dati, numeri e problemi molto concreti di chi si trova a gestire un’azienda nel giorno per giorno. Al centro del suo intervento le sfide tecnologiche e di mercato che, secondo alcuni al governo dovrebbero portare presto a un’auto elettrica al 100%: “il futuro resta dell’ibrido – ha detto Marchionne - con l’auto elettrica non c’è modo di guadagnare. Anzi guardate, non comprate la 500 elettrica per cortesia, perché ogni auto venduta mi costa 14mila dollari! Che gli esperti al governo mi dimostrino che l’auto solo elettrica non fa danno all’ambiente… aggiungo, per la normale combustione abbiamo ancora molto da dare in termini di innovazione”.
L’incontro di ieri è stato voluto da Steve Rattner, banchiere a New York, ex guru dell’auto per conto di Obama che ha salvato il settore, ma cerano anche Larry Summers, consigliere economico chiave del Presidente all’epoca del salvataggio dell’auto e vari altri esperti e protagonisti di quel pezzo di storia economica che oggi vede come unico ancora attivo proprio Sergio Marchionne. Salvataggio giusto o sbagliato? Secondo Clifford Winston, un economista con la Searle Freedom, è stato sbagliato perché alla fine vinceranno gli stranieri. Soldi inutilmente buttati. Marchionne non si è contenuto. Ha chiarito “che certe cose non si devono neppure pensare, non sono nelle carte, il settore ce l’ha già fatta e ce la farà”. Poi si è tolto qualche sassolino dalle scarpe: “Ho dovuto mettere le mie parti private sul tavolo” ha detto, con il moderatore, Paul Ingrassia, di Reuters che reagiva con tipico pudore americano: “Abbiamo capito… grazie”. Ma Marchionne insisteva, “le mie parti private e quelle di molti altri… l’unica cosa che avevo era la mia reputazione. Poi alcune rivelazioni: la 500 è stata portata in America perché l’aggiunta di una piccola utilitaria al pacchetto industriale era una delle condizioni imposte dal governo americano “non ci cambiava niente, anzi se fosse stato per me la 500 non l’avrei portata, ma se era necessario per l’accordo non c’era da discutere e l’abbiamo portata”. È emerso anche che il governo americano preferiva cedere la Chrysler alla GM per creare un unico gruppo, ma la GM non l’ha voluta. È anche emerso che le condizioni finanziarie concesse alla GM erano meglio di quelle concesse alla Chrysler: “Avevamo una spada di Damocle sopra la testa, mi continuavano a chiedere, a che punto siamo? Tutto bene tutto bene dicevo…Se avessero imposto condizioni altrettanto severe alla GM oggi forse sarebbero in condizioni migliori”. Marchionne ha toccato il tema difficile sul piano finanziario dei richiami. Costi enormi che potranno essere evitati “solo grazie alla creazione di un nucleo di periti super specializzati che potrà giocare d’anticipo… noi lo stiamo facendo”. Infine due conferme, gli investimenti a Mirafiori partiranno presto e “lo sbarco in borsa ci sarà entro la fine dell’anno”.


Il sole 24 ore

22 maggio ’14

mercoledì 14 maggio 2014

La giunta regionale ha approvato una delibera: previsti interventi per il settore automobilistico e per la green economy... a proposito di spot elettorali!

Questa improvvisa iniziativa della Regione, e in particolare dell'assessore Linda Vancheri, che però non dice mai l'identità delle aziende, come se fosse un segreto di stato, puzza assai di campagna elettorale. Così come fa il senatore Lumia, che non ha mai davvero alzato un dito per gli operai, ma ha sempre raccolto voti davanti ai cancelli diventando ricco.
Il segretario della Fiom, Mastrosimone, dovrebbe capire che le parole che dice per gli altri "Basta con le parole e gli annunci...." valgono anche per lui.

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dal giornale di sicilia di oggi.

Vertenza. Due aziende si sono fatte avanti per sostituire la Fiat nella fabbrica in cui venivano costruite le auto: realizzano vetture ibride e batterie di ultima generazione

Termini, zona industriale: primo sì alla riconversione

La giunta regionale ha approvato una delibera: previsti interventi per il settore automobilistico e per la green economy

La giunta regionale siciliana ha approvato ili progetto di riconversione del polo industriale di Termini Imerese. Il documento, proposto dall'assessore alle attività Produttive, Linda Vancheri, prevede interventi di reindustrializzazione dell'area per i settori automobilistico, meccanico e green economy.
Il progetto sarà illustrato durante la conferenza stampa di oggi, a partire dalle ore 11,30, nella sala Alessi di palazzo d'Orleans. La notizia è stata diramata ieri in un momento di grande preoccupazione per gli operai dello stabilimento Fiat di Termini Imerese e del suo indotto, che attendono entro fine mese una convocazione al ministero dello sviluppo Economico per discutere sulla problematica legata agli ammortizzatori sociali, rinnovati fino al dicembre di quest'anno, e sulle nuove proposte atte al rilancio del sito industriale siciliano. In particolare, sono due le aziende, di cui tuttavia non è stata svelata ancora l'identità, che si sono fatte avanti per sostituire la Fiat nella fabbrica automobilistica Imerese: la prima opera nel settore della costruzione di un auto ibrida (benzina elettrica) con una ricaduta occupazione di circa 550 addetti ed un investimento di circa 370 milioni di euro: la seconda si occupa della costruzione di batterie di ultima generazione, con una ricaduta occupazionale di circa 100 addetti ed investimenti pari a 80 milioni di euro. Resta confermato anche il progetto di Mossi & Ghisolfi con 250 occupati, ma sono in stand-by i progetti presentati in precedenza quali "Sicilia naturalmente" con la possibile riassunzione di tutto il personale Fiat e dell'indotto, la Biogen per la produzione di energia da oli vegetali e la Landi che produce impianti a gas e gpl. Con queste aziende potrebbero lavorare circa 500 addetti.
Intanto è ripartito il conto alla rovescia in vista della scadenza della cassa integrazione di dicembre. Infatti, se entro il 14 ottobre prossimo non saranno definiti piani industriali solidi, la Fiat potrebbe avviare le procedure di licenziamento, così come già avvenuto alla fine del 2013 per i 160 dipendenti della Lear Corporation, azienda che forniva i sedili della Lancia Ypsilon e per i 19 lavoratori della Clerprem, ditta che forniva materiale per i sedili alla Lear Corporation. "Basta con le parole e gli annunci – ha detto il segretario regionale della Fiom, Roberto Mastrosimone – sicuramente l'approvazione del progetto da parte della Regione è un fatto propedeutico all'insediamento di nuove aziende nell'area industriale Imerese, ma bisogna, in tempi brevi, riattivare il tavolo ministeriale per analizzare la capacità di queste imprese di rilanciare la zona industriale e ricollocare tutti gli operai. Servono fatti concreti, è indispensabile che le cose dette vengano rese esecutive, a partire dalla sigla dell'accordo di programma su cui si sta lavorando da tempo". Di tutto questo si discuterà oggi, alle 15,30, nel corso del direttivo della Fiom che si terrà a Termini Imerese nella sede di via Piersanti Mattarella. "L'approvazione da parte del governo regionale del progetto di riconversione del polo industriale di termini Imerese è un altro passo in avanti verso la reindustrializzazione dell'area – ha affermato il senatore Giuseppe Lumia -. Un piano che favorirà l'insediamento di nuove attività e la creazione di nuovi posti di lavoro nei settori automobilistico, meccanico e della green economy. Termini Imerese un poso produttivo strategico per la sua posizione nel centro del mediterraneo, per la presenza dell'interporto, per i collegamenti con le principali vie di comunicazione".

Il Giornale di Sicilia

14 maggio 14

sabato 10 maggio 2014

Fiat-Chrysler: Marchionne presenta il piano industriale: fare profitti con le auto di lusso e licenziare gli operai con il consenso dei sindacati confederali

tratto da http://proletaricomunisti.blogspot.it/2014/05/pc-9-maggio-fiat-chrysler-marchionne.html

Si è trattato di un vero fallimento e potremmo dire come volevasi dimostrare! Sono anni che diciamo che Marchionne le spara grosse e questo è stato confermato dalla tanto attesa presentazione del piano industriale del 6 maggio a Detroit per il futuro della nuova azienda che adesso si chiama Fca. Il fascista padronale, infatti, non può fare a meno di fare lo spaccone: “giornata storica”, “piano coraggioso e di rottura” con investimenti per 50 miliardi “nel 2018 saremo tra i leader indiscussi del settore” e via di questo passo.

Il piano presentato parla infatti di: sette milioni di vetture entro il 2018, dalle 4,4 attuali!

“Fra i marchi che dovranno crescere di più c’è la Jeep: un milione di unità già quest’anno (nel 2013 ne sono state consegnate 732 mila), 900 mila in più nel 2018 che vuole dire fare il +160% . Di queste circa 200 mila arriveranno dall’Italia, daMelfi dove nasce la piccola Renegade. Presto partirà anche la produzione di tre modelli in Cina, gli stabilimenti passeranno da 4 a 10 e saranno localizzati in sei paesi. Dopo gli Stati Uniti sarà l’Asia il secondo «hub» mondiale. La tabella di marcia è serrata con previsioni di aumenti a doppia cifra del numero di concessionari in tutto il mondo e delle vendite: +35% solo in Europa. Ambizioso anche il percorso di Chrysler: dovrà quasi triplicare le vendite passando da 350 a800 mila macchine. Cambiando strategia: il marchio diventerà più generalista per competere con Ford, Honda, Toyota e Hyundai. Lancia invece resterà un marchio solo per l’Italia.” E poi

“Prodotti alla moda derivati dalla famiglia 500 e Panda, in Europa… Confermati anche Freemont, Qubo e Doblò. La Punto c’è, ancora per un po’. Per capirci sarà difficile rivedere vetture come la Bravo o la Croma. Le previsioni per il brand capofila parlano di 1,9 milioni di unità al 2018, quattrocento mila in più di adesso. Insomma, non sarà più una marca di massa, come confermano i numeri : 700 mila le stime per l’Europa al 2018, le stesse cifre di oggi. L’espansione avverrà in Cina, Nord America e Brasile. Veniamo ai nuovi modelli per l’Europa: si parte con la 500X quest’anno, per passare a una berlina compatta e probabilmente a una spider (quella che doveva nascere insieme a Mazda sotto le insegne Alfa) nel 2015. L’anno successivo dovrebbe debuttare l’erede della Punto, una station wagon compatta e una variante sportiva. Nel 2017 è previsto un crossover (potrebbe essere il «Pandone») e infine nel 2018 la nuova generazione della Panda. E poi ci sono i prodotti per il Sud America e per l’Asia.

Ma tutti i riflettori a Detroit sono concentrati sull’Alfa. Sul suo rilancio Marchionne si gioca quasi tutto. Dovrà mettere sul piatto 5 miliardi di euro per recuperare l’antica gloria che Harald Wester, capo del marchio, mostra agli investitori attraverso le vittorie di Fangio e Nuvolari. È passato troppo tempo. Nei piani ci sono otto nuovi modelli nei prossimi cinque anni. Con tecnologie e motori sviluppati in Italia, architetture con la trazione posteriore come erano le Alfa di una volta prima del passaggio alla Fiat E nasceranno tutte in Italia. Prodotti come la MiTo non avranno eredi, la Giulietta invece sì. Wester spiega che alla rinascita stanno lavorando oltre 200 ingegneri con la consulenza di capi progetto «presi in prestito» dalla Ferrari. Basteranno a far lievitare le vendite dalle 75 mila dell’anno scorso alle 400 mila del 2018?

La risposta ai dilemmi sull’Alfa può arrivare dalla Maserati. Nel giro di un anno, grazie a Quattroporte e Ghibli le vendite sono passate da 6 a 15 mila unità, il fatturato da 755 milioni a 1,65 miliardi. L’anno prossimo sarà lanciato il Suv Levante, poi toccherà alla coupé Alfieri (anche nella versione cabriolet), più avanti ci sarà posto per la nuova GranTurismo. Tutto questo dovrà traghettare la casa del Tridente verso le 75 mila unità. Per Fiat-Chrysler Maserati si sta rivelando una macchina da soldi, l’anno scorso i margini erano del 10,3% sopra i livelli dei marchi tedeschi.

“E passiamo alla Ferrari, il gioiello di famiglia. Marchionne cita alcune stime degli analisti. Il «Cavallino» vale più di quattro miliardi di euro, ma «non è in vendita». Il numero uno di Fiat Chrysler lo scrive pure al termine delle slide. La Ferrari è l’unica che non deve crescere (è prevista una novità l’anno per i prossimi cinque): 7 mila macchine l’anno sono sufficienti per mantenere alto il valore del marchio, anche se teoricamente potrebbe arrivare a farne 10 mila. Ma è meglio non osare. (!)

“L’Europa base per l’export
Alla base del piano c’è la volontà di usare gli stabilimenti italiani ed europei per l’esportazione: il 40% della produzione finirà altrove. Sempre che l’industria riparta e torni ai livelli pre-crisi. Nel 2010, all’epoca di «Fabbrica Italia» Fiat prevedeva di vendere nel 2014, 2 milioni e 150 mila veicoli. Il conto è stato ben diverso: 930 mila. per questo il responsabile dell’area Emea vola basso con le cifre: 1,5 milioni di unità nel 2018 con 34 nuovi lanci commerciali. La riorganizzazione coinvolgerà non solo le fabbriche -cifre sugli investimenti nei siti italiani non ci sono, si parla in tutto di 10 miliardi- ma anche i concessionari: prevista una riduzione del 15% per quelli Fiat e Alfa.”
(dal corriere.it. Le sottolineature sono nostre)

Questo piano infatti è stato considerato molto “ottimistico” nel migliore dei casi: la sua realizzazione è praticamente impossibile, è solo fumo negli occhi per coprire appunto il fatto che Marchionne e i padroni della Fiat, grazie al regalo di Obama e soprattutto degli operai americani, adesso provano a continuare a fare profitti nel settore auto spostando la produzione sul lusso visto che nella sostanza la “battaglia” sulle auto di piccola e media cilindrata l’hanno già persa.

E, infatti, tutti sono costretti ad ammettere che la concorrenza sul piano delle auto di lusso è feroce e gli altri che già sono piazzati da anni nei mercati di tutto il mondo non si lasceranno rubare certo fette di mercato!

E non ci ha creduto nemmeno la Borsa (piano perlomeno “esagerato” e debiti alle stelle), e cioè gli altri miliardari in giro per il mondo che devono decidere se investire in questa impresa oppure no, che ha fatto crollare il titolo perché di fatto non ha creduto una virgola di quello che ha detto Marchionne e tanto meno l’elogiatore ufficiale di Marchionne, il nipote di Agnelli, John Elkann.
Il sole 24 ore infatti apre un articolo così: “Il piano quinquennale Fiat Chrysler e i risultati del 1° trimestre 2014 non sono piaciuti al mercato, che ha punito le azioni Fiat con un ribasso dell’11,7% a 7,48 euro; il titolo è stato anche sospeso per eccesso di ribasso quando cedeva il 9% a metà mattina, mentre per oggi la Consob ha disposto lo stop alle vendite allo scoperto.”


Il problema principale continuano ad averlo gli operai italiani per i quali non c’è di fatto niente – quel che resta della produzione in Italia sarà utilizzata per l’esportazione soprattutto nel settore delle auto di grossa cilindrata - nessun investimento vero, ma ancora una volta l’annuncio di 5 miliardi per l’Alfa (di 10 miliardi hanno parlato solo i sindacalisti sempre al servizio del padrone della Cisl Uil e Fismic). Marchionne infatti “… assicura l’«impegno a non licenziare nessuno» spiegando che «i cassaintegrati rientreranno al lavoro tutti quanti quando arriverà l’industrializzazione dei nuovi prodotti».” E queste parole le abbiamo già sentite e come ricordano gli analisti gli altri precedenti 8 piani di Marchionne non si sono realizzati e le promesse nei confronti degli operai sono sempre le stesse e allo stesso modo smentite dai fatti. I tanti cassintegrati stanno ancora aspettando il rientro ed è sicuro che in tanti non rientreranno affatto, visto che questo piano si deve realizzare nelle intenzioni di Marchionne nel 2018!

martedì 6 maggio 2014

La “rivoluzione” di Crocetta in Sicilia è arrivata al capolinea: “crisi senza precedenti” dicono i giornali: migliaia di lavoratori senza stipendio, aumento delle tasse, della disoccupazione, mancanza di investimenti dalla Fincantieri alla Fiat… guerra per le poltrone nel suo stesso partito, il P

da
http://proletaricomunisti.blogspot.it/2014/05/pc-6-maggio-la-rivoluzione-di-crocetta.html

Avevamo detto in passato che la mancanza di soldi e cioè i tagli ai trasferimenti dallo Stato nelle casse della Regione, rende la gestione della stessa molto difficile, al limite dell’impossibile; se già questo accadeva con Lombardo adesso si sta pienamente verificando.

Il Presidente della Regione, che nel frattempo dalla formazione politica del Megafono dice di essere passato chiaramente al Pd nella speranza di tenere in piedi il suo governo, non riesce nemmeno a fare approvare una finanziaria “ridotta” e d’emergenza (nemmeno dal suo stesso partito) dopo che la prima era stata bocciata per il 90 per cento degli articoli dal commissario dello Stato. Adesso prova a farne approvare una che vale la metà, dopo aver acceso un mutuo di 1 miliardo. Gli interessi per pagare questo mutuo naturalmente saranno scaricati sulle masse popolari siciliane che già pagano le aliquote più alte di irpef regionale, e tutte quelle tasse “nascoste” perché i servizi non funzionano.
Ma dato che non riescono a mettersi d’accordo nemmeno su questa mezza finanziaria, Crocetta a cui non bastano i vari “rimpasti” di governo, spaventato dalla reazione dei lavoratori, sta chiedendo a tutti, per favore, di approvare una leggina che sblocchi almeno 100 milioni di euro per gli stipendi dei circa 30.000 lavoratori in attesa da quattro mesi!

La paralisi è di fatto totale: non solo “non ci sono soldi” per gli stipendi, ma non ci sono nemmeno i cosiddetti investimenti, che non sono soldi che mette la Regione ma quelli dei fondi europei che come al solito non si riescono a spendere e si devono restituire.

“Crocetta stai sereno” gli dicono i suoi “amici” del Partito democratico, mentre provano in tutti i modi a scippargli la poltrona.


Il caos è totale e Crocetta perde sempre più la testa, perché, nonostante tutto questo polverone e il sostegno di buona parte della Confindustria Sicilia, e le masse di lavoratori precari e disoccupati che ogni giorno chiedono conto e ragione dei propri diritti lui fa un bando da 1 milione e mezzo di euro per comprarsi 4 auto blu blindate per proteggersi meglio dagli “attacchi”!

Coordinare le lotte di tutti i settori di lavoratori, operai, precari e disoccupati, continuare a boicottare le elezioni, per dare una "spallata" a questo governo parassita...