domenica 28 ottobre 2018

Di Maio e l’ex Fiat di Termini Imerese: un altro sciacallo ingannapopolo che promette l’ennesimo rilancio e l’ennesima cassa integrazione!

Diciamo subito che Di Maio non voleva! Non avrebbe voluto incontrare tutti gli operai ex Fiat. Voleva incontrare in un ristorante solo una 20ina di operai di una ditta dell’indotto che erano rimasti fuori dagli ammortizzatori sociali. Ma vistosi scoperto, visto le dichiarazioni di diverse “autorità” locali sulla sua scelta, e per evitare qualche “sceneggiata” davanti al ristorante, alla fine ha deciso di presentarsi davanti ai cancelli.


A questo punto ha trasformato in una passerella più larga il suo giro elettorale in Sicilia, l’ennesima passerella di un politico, in questo caso Di Maio, alla ex Fiat di Termini Imerese - per adesso Blutec - e non poteva mancare la stessa esatta frase che hanno detto tutti i politici e, cioè, che ci sarà il “rilancio” e soprattutto che la cassa integrazione sarà rinnovata!

Alle circa 200 persone presenti, tra operai, sindacalisti, sindaci, preti, polizia ecc. ecc. già che c’era Di Maio, vice presidente di un governo fasciopopulista, si è rivolto, provando a spingersi oltre, promettendo, appunto, il “rilancio” dell’azienda, con questa frase: “… se la Blutec non rispetterà gli impegni …”. Se??? Si vede che nella fretta Di Maio non era stato informato bene, dato che la Blutec non rispetta gli impegni da quando è subentrata nello stabilimento! E adesso è pure indagata per i 20 milioni che deve restituire a Invitalia!!!

Ma Di Maio avrebbe detto qualsiasi cosa pur di farsi campagna elettorale. In questo senso suona come ricatto la frase detta verso la fine agli operai davanti ai cancelli: “…non ce la potete fare da soli…”! dicendo che allerterà gli eletti locali e tutte le istituzioni regionali ecc. ecc.

Di stupidaggini da ingannapopolo ne ha dette, Di Maio, in questa serata. Ne citiamo un’altra tra le tante. Dopo aver citato come iniziative di successo la Baekert, la Whirlpool, l’Ilva, ha parlato della possibilità di coinvolgimento della Fiat a livello nazionale e che se necessario le aziende devono tornare dalla Polonia, dalla Romania, dai paesi dell’Est, perché “… non vale solo il costo del lavoro…” ma vale anche la competenza e la professionalità, “e il fatto che sia fatto in Italia, vende di più, qualsiasi cosa” perché “è fatta in Italia, e quando è fatta in Italia è fatta bene”!!!
Perciò, ricorda Di Maio agli operai che con tutte queste chiacchiere rischiavano di dimenticare il perché della sua presenza, “sostenete i vostri rappresentanti”!

Come sanno anche i bambini, ma a quanto pare non lo sanno né Di Maio né i sindacalisti presenti, è proprio il cosiddetto COSTO DEL LAVORO, che per i padroni deve essere quanto più basso possibile, e tanto più grande quindi il grado di sfruttamento degli operai, e più grandi in profitti, che spinge i padroni a cambiare paese quando vogliono e possono!
Come sanno anche i bambini, per i padroni non è importante affatto come si chiama una nazione, in questo i padroni sono internazionalisti da sempre, l’importante è che ci siano operai da sfruttare e fare profitti!
Ma i sindacalisti presenti a quanto pare, a differenza dei padroni, non sanno come funziona il Capitale. Sanno bene, però, come fare carriera sulla pelle degli operai, come Barbagallo, attuale segretario generale della Uil (ex operaio proprio alla Fiat di Termini!) o Mastrosimone, confermato in questi giorni a capo della Fiom Cgil Sicilia; sindacalisti che in tutti questi anni hanno “accompagnato” di volta in volta i politici nelle loro passerelle davanti ai cancelli.

Al contrario delle chiacchiere di Di Maio, sulle quali si diverte anche il quotidiano La Repubblica con un articolo che riportiamo sotto, dobbiamo affermare con forza che SEMPRE, QUANDO VOGLIONO, COME CLASSE, GLI OPERAI CE LA FANNO DA SOLI!

Nell’articolo che riproduciamo il giornalista fa la storia della vertenza e l’elenco di tanti POLITICI che negli anni hanno fatto promesse e detto bugie agli operai; ha dimenticato però di dire che quasi tutti, Berlusconi, Cuffaro, Lombardo, Crocetta, o sono finiti in galera o sono ancora sotto indagine per MAFIA…
Per chi si volesse sorbire direttamente Di Maio:
https://www.facebook.com/andrea.sanfilippo.524/videos/2225077694372893/

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Da Berlusconi ai Cinquestelle
Sedici anni di miraggi davanti ai cancelli dell’ex Fiat
Prima la visita del Cavaliere. Poi Cuffaro, Bersani, Renzi e gli altri
Tutti con lo stesso annuncio: il rilancio. Che però non arriva mai



“Rilanceremo lo stabilimento Fiat di Termini Imerese, c’è l’impegno del governo”. Chi ha pronunciato questa frase davanti ai cancelli dell’impianto? Silvio Berlusconi, Luigi Di Maio o Matteo Renzi? Salvatore Cuffaro o Rosario Crocetta? E, ancora, Pietro Fassino o Pierluigi Bersani? La risposta che darebbe una tuta blu che dal 2002 è dentro il frullatore della crisi dello stabilimento è semplice: tutti. Sì, perché i mille operai diretti e dell’indotto rimasti, da circa venti anni a questa parte ascoltano la stessa promessa. Salvo poi accontentarsi dell’unica certezza: la cassa integrazione rinnovata per l’ennesima volta. Un assegno a carico dello Stato che gli operai percepiscono dal 2011 e che è costato a oggi alle casse pubbliche 77 milioni di euro. Tanto che venerdì sera, davanti ai cancelli dell’ex stabilimento Fiat, mentre il vice presidente del Consiglio Luigi Di Maio rassicurava “sull’impegno del governo per rilanciare lo stabilimento”, una tuta blu di lunga esperienza confidava a Roberto Mastrosimone della Fiom: “Se quando hanno chiuso ci avessero dato 100mila euro ciascuno avrebbero risparmiato”. Intanto chissà ancora per quanti anni qui si pagherà la cassa integrazione. Gli operai non si fanno tante illusioni e applaudono sempre il potente di turno che viene a promettergli mari e monti, salvo poi rassicurarli sull’unica certezza: “Vi rinnoveremo la cassa integrazione”.
“Diciamo che qui di politici ne abbiamo visti tanti e di tuti i colori ripetere sempre le stesse frasi”, ammette Mastrosimone. Nel 2002, quando inizia la prima vera crisi dello stabilimento con la Fiat che annuncia il taglio delle commesse, l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi dice sicuro: “Rilanceremo la Fiat in Sicilia”. Lo stabilimento senza molte prospettive rimane aperto per qualche anno, nel 2006 arriva un nuovo aut aut del Lingotto. L’allora presidente della Regione Salvatore Cuffaro, davanti ai cancelli dell’azienda, promette un intervento da 150 milioni per convincere la Fiat a rimanere: “Invece la norma non viene mai approvata e la Fiat trasferisce la produzione in Serbia”, dice Mastrosimone.
È l’inizio della fine vera. Nel 2009 la Fiat avvia la chiusura e a Termini Imerese arriva il ministro del governo Berlusconi Claudio Scajola: “Sarebbe folle far morire un polo industriale come quello di Termini”, dice.
Nel 2010 la Fiat va via e inizia la folle corsa a trovare nuovi imprenditori nel settore auto. Raffaele Lombardo annuncia l’interessamento dei “cinesi della Chery e della Dr Motor della famiglia Di Risio”. L’anno precedente invece il piano giusto era quello degli indiani Mahindra e del finanziere Simone Cimino. Sia Di Risio sia Cimino finiscono indagati e tutto naufraga. Arrivano i governi di centrosinistra, quello di Rosario Crocetta a Palermo poi di Enrico Letta Matteo Renzi a Roma. Quest’ultimo il 15 agosto 2014, sotto un caldo cocente, atterra con l’elicottero a Termini Imerese e ne annuncia l’imminente rilancio. Poi a dicembre, con un tweet, comunica il grande piano: quello della Blutec, azienda del gruppo Metec che orbita sempre attorno all’ex Fiat, oggi Fca: “I lavoratori siano con noi, noi siamo con loro”, dice. Per il 2018 il piano prevede la riassunzione di oltre 380 operai e Invitalia trasferisce all’azienda 20 milioni di euro. Ad oggi, poco più di 100 operai vanno in stabilimento per fare corsi di formazione, sui 20 milioni indaga la Finanza e della realizzazione dell’auto elettrica non si hanno più notizie. Venerdì sera è arrivato di Maio: “Il governo è con voi, se la Blutec non rispetterà gli impegni troveremo una soluzione alternativa, basta imprenditori-prenditori”, dice tra gli applausi. Gli stessi applausi ricevuti da Renzi, da Berlusconi, da Cuffaro, da Lombardo e da Crocetta.

La Repubblica Palermo
28 ott. 18

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